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Ancora sulla EN 13445, la Norma Armonizzata Europea sugli Apparecchi a Pressione

Nella precedente newsletter abbiamo cercato di dimostrare che gli stati dell’Unione Europea, e l’Italia in particolare, avrebbero tutto l’interesse ad adottare un unico standard sugli apparecchi a pressione: appunto l’EN 13445, costata 20 anni di lavoro e parecchi milioni di Euro di finanziamenti concessi dalla Commissione al CEN sia per la preparazione terminata con la pubblicazione dell’edizione 2002, sia per i successivi sviluppi, che si sono tradotti in ben 36 diversi  “issues”,  riassunti  tutti  nell’edizione  2009,  pubblicata  lo  scorso  mese  di  dicembre. Questo standard è ora riconosciuto da tutti come il codice di costruzione più avanzato del mondo, ossia quello in grado di garantire ai prodotti ad esso conformi un elevato grado di sicurezza al minimo costo possibile: per cui dovrebbe essere interesse di tutti, ma in particolar modo di coloro che pagano gli apparecchi (gli utenti dei grandi impianti chimici e petrolchimici), adottare questo standard; fermo restando che esso non può essere comunque reso obbligatorio per legge, perché la Direttiva PED (Pressure Equipment Directive), così come tutte le  altre  direttive  tecniche  europee,  lascia  completa  libertà  nella  scelta  del  codice  di costruzione da usare, limitandosi a rendere vincolanti solo i cosiddetti “principi essenziali di sicurezza”.

Ma a questo standard stanno facendo la guerra in tanti, in Italia, in Europa e nel resto del mondo. Cerchiamo allora di capire chi sono i nemici dell’EN 13445: vediamo di analizzare le loro ragioni, e cerchiamo obiettivamente di valutare qual è la validità di queste ragioni. Alla fine potremmo anche concludere che buttare in spazzatura venti anni di lavoro e qualche milione di Euro dei contribuenti europei è forse ancora la cosa più logica da fare.

Il primo nemico è senza dubbio la Commissione Europea. Sorprendente, non è vero? Niente affatto: loro si limitano ad applicare il Vangelo, in particolare dove sta scritto che la mano destra non deve sapere cosa fa la sinistra. Infatti mentre una mano destra (operativa) spinge per fare inchieste e convegni per la promozione della norma, c’è una mano sinistra (burocratica) alla quale qualcuno ha dato mandato di trovare tutti i cavilli possibili e immaginabili non solo per non pagare quanto dovuto a fronte di lavori già ultimati da anni (e qui ci siamo andati di mezzo anche noi), ma addirittura per chiedere indietro i finanziamenti già erogati in passato, sulla base di budget di spesa discussi e regolarmente approvati dalla loro mano destra. Per farla breve, al CEN è  arrivata  la  richiesta  di  restituire  qualche  centinaio  di  migliaia  di  Euro  già  erogati  in relazione ad una serie di modifiche e di aggiunte alla norma intervenute dopo la sua prima edizione del 2002. Ovviamente il CEN li ha chiesti indietro al BSI, ente di normalizzazione inglese responsabile del TC54 che ha elaborato la norma, e il BSI li ha chiesti indietro, per la parte di loro competenza,  agli  altri  enti  normatori  responsabili  dei Gruppi  di  lavoro:  così  all’UNI,  che attraverso Sant’Ambrogio gestiva il GdL “Calcolo”, è arrivata la richiesta di restituire 58000 Euro.  Scusa ufficiale:  quando  gli  importi  superano  una  certa  cifra,  l’ente  normatore  non  è autorizzato a subcontrattare il lavoro, a meno che non si faccia una gara d’appalto con un minimo di tre partecipanti. E’ ovvio, stando così le cose, che nessun ente normatore si azzarda più neppure a presentare richieste di finanziamento: se infatti anche l’approvazione del budget da parte della mano destra (operativa) della Commissione è da considerare carta straccia, chi mi assicura che la mano sinistra (burocratica) non mi venga poi a chiedere indietro i soldi erogati dalla mano destra una volta che il lavoro è finito? Quali sono dunque le buone ragioni che la Commissione – mano burocratica – adduce per demolire, come di fatto sta demolendo, la EN 13445? Non si rendono conto che per recuperare pochi spiccioli stanno buttando al macero un lavoro costato milioni? A precise domande poste ai responsabili della mano operativa, questi si sono limitati ad allargare le braccia.

Una seconda categoria di nemici è costituita da quegli organismi e/o associazioni che in Francia, Germania e Regno Unito continuano a pubblicare e ad aggiornare, con pretesti di vario genere, le vecchie norme nazionali (CODAP per la Francia, AD 2000 per la Germania e PD 5500  per  il  Regno  Unito);  questi  lavori  vengono  in  generale  svolti  dagli  stessi  esperti Francesi, Inglesi e Tedeschi che più hanno contribuito alla redazione della norma armonizzata; e sì, perché in Europa l’esperto di normative sugli apparecchi a pressione è ormai una specie in via di estinzione, i cui pochi esemplari superstiti (generalmente vecchi ingegneri ormai in pensione da anni) hanno una spiccata tendenza a rifugiarsi laddove esiste un habitat naturale che consente loro non dico di arrotondare la pensione con qualche centesimo di Euro, possibilmente non contestato da nessuno, ma almeno di recuperare le spese di viaggio e soggiorno per partecipare alle riunioni. Questo è appunto il motivo per cui questi animali normativi stanno progressivamente abbandonando il TC54, dove nessuno li paga e neppure li rimborsa; e ovviamente i pochi giovani che pure ne avrebbero la voglia non sempre riescono a convincere gli enti di appartenenza da cui sono pagati che è cosa buona e giusta prestare la propria opera per l’alto fine di contribuire allo sviluppo della normativa europea. Ma allora chi ci guadagna? Ci guadagna il BSI, che, a quanto pare, ha ottenuto dal CEN l’autorizzazione a continuare la pubblicazione del BS 5500 con il nuovo nome di PD 5500, vendendolo a 2000 Euro a copia. Ci guadagna l’Associazione Francese dei Costruttori SNCT, che vende il CODAP a 4500 Euro a copia, e che è stata abbastanza in gamba da convincere tutti i grandi utenti francesi che un apparecchio  a  pressione  si può  fare  solo  secondo  il  CODAP.  Ci  guadagna  il  VdTUeV, federazione tedesca degli enti di controllo, che vende la raccolta AD2000 a 980 Euro (1980 Euro la versione in lingua inglese). Guai se dovesse prendere piede in Europa una EN 13445, venduta a 500-600 Euro da quasi tutti gli enti di standardizzazione nazionali (meno l’UNI, che vende il suo CD con la versione inglese a soli 120 Euro +IVA)!

Una terza categoria di nemici sono gli enti notificati, soprattutto quelli stranieri, che tendono a portare avanti in tutti i modi possibili i codici americani, sia per gli apparecchi a pressione (ASME VIII divisione 1 e divisione 2) che per le tubazioni (ASME B31.1 e B31.3), cercando di minimizzare i non pochi punti che rendono dubbia la conformità di queste norme alla Direttiva PED (mancanza di garanzie sulle proprietà a caldo e a freddo dei materiali, pressione di prova idraulica, ecc.). Molti di tali organismi sono infatti agenzie autorizzate per i controlli ASME, ed è pertanto evidente il loro interesse a standardizzare il loro lavoro sia che si tratti di prodotti destinati all’Europa sia che si tratti di produzioni destinate all’esterno.

Che fra i nemici vi fosse da annoverare anche l’ASME (American Society of Mechanical Engineers), che elabora e distribuisce a caro prezzo la normativa americana in materia, era già scontato in partenza: guai se qualcuno si accorgesse che EN 13445 permette di risparmiare dal 10 al 30% sul costo degli apparecchi (tanto più quanto sono grandi, come è ampiamente documentato nel progetto “Comparative Study”, elaborato a spese della Commissione) rispetto all’ASME VIII divisione 1, cioè al classico Unfired Pressure Vessel Code americano, usato nella stragrande maggioranza dei contratti destinati a paesi privi di una propria legislazione organica. Il “Comparative Study” è stato più volte contestato nelle varie conferenze annuali organizzate dall’ASME (a cominciare da quella di Vancouver del 2006); eppure la stessa ASME ha preso molti spunti dall’EN 13445 nell’elaborazione della divisione 2 della stessa Sezione VIII, quella usata per gli apparecchi più avanzati. In altre parole, gli stessi Americani si stanno rendendo conto che le loro norme, anche se costituiscono il sistema normativo più completo e coerente del mondo, sono ormai vecchie. Per cui ci criticano, però ci copiano: e da che mondo e mondo, copiare le norme degli altri non è mai stato considerato reato; se così non fosse, per fare le riunioni del CEN, dell’ISO o del PVRC bisognerebbe collegare in teleconferenza tutte le galere del mondo.

Ho purtroppo di recente scoperto che tra i nemici dell’EN 13445 bisogna anche annoverare il nostro ente normativo nazionale: l’UNI. Dopo la batosta dei 58000 Euro che la Commissione rivuole indietro, l’UNI ha tratto la conclusione che questa norma non ha futuro (e per la verità, visto il comportamento della Commissione, non è che si possa dar loro completamente torto); per cui, ad una precisa richiesta del Comitato Termotecnico Italiano che chiedeva di procedere alla traduzione in Italiano dell’EN 13445, l’UNI ha risposto picche: a loro va benissimo continuare a vendere a prezzi di saldo il CD con la versione inglese della norma, per cui né vogliono spendere una lira per la traduzione, né vogliono accedere ai finanziamenti che la Commissione prevede proprio per la traduzione delle norma CEN nelle lingue nazionali (hanno paura che anche lì poi qualcuno rivoglia i soldi indietro), né vogliono dare ad altri il permesso di tradurla. A dire il vero, se la traduzione venisse fatta da chi ha già fatto quella dell’EN  12952  (caldaie  a  tubi  d’acqua),  forse  dovremmo  soltanto  rallegrarci  di  una  simile decisione. Ne volete un esempio? A pagina 6 dell’UNI EN 12952 parte 3, è possibile leggere testualmente:

“5.8 Perdite di parti metalliche

NOTA: Al fine della progettazione conforme alla EN 12952-3 le perdite di parti metalliche comprendono l’ossidazione, la corrosione, l’erosione e l’abrasione.

5.8.1 Perdite interne

Le perdite interne sono normalmente ridotte e non devono essere considerate per le caldaie alimentate con acqua in conformità alla EN 12952-12. Per i componenti esposti al rischio di perdite maggiori di quelle normali (per esempio l’erosione per turbolenza) si devono adottare contromisure appropriate. Lo strato di magnetite deve essere protetto in conformità al punto 13.4.1.1”

Da cui si potrebbe desumere che le caldaie durante il funzionamento possono perdere parti metalliche (si spera senza gravi conseguenze per gli addetti), oppure che non è proprio il caso di preoccuparsi se nella vostra caldaia c’è una piccola perdita, tanto è una cosa normale: tutt’al più dovremo proteggere adeguatamente lo strato di magnetite, dopo di che potremo dormire sonni tranquilli, sempre ammesso che il vapore che sibila fuori dalla vostra caldaia non faccia troppo rumore.

Tutto ben considerato, meglio fare un corso d’inglese in più ai progettisti e ai disegnatori dei nostri costruttori, oppure obbligarli ad assistere periodicamente alle trasmissioni della BBC, ormai disponibili anche in Italia sul digitale terrestre.

In coscienza, non mi pare che i nemici dell’EN 13445 abbiano grandi argomenti da portare a sostegno delle loro tesi (sempre ammesso che ne abbiano): che le ASME si usino nel mondo assai di più che non le norme EN è un fatto inconfutabile; che con le ASME si ottenga automaticamente anche la conformità alla PED è invece una menzogna. Comunque i nemici della normativa europea possono stare tranquilli: se neppure noi in Italia, non avendo alcun codice nazionale da difendere, e avendo invece l’industria di caldareria più grande d’Europa, riusciremo a convincere i nostri utenti a specificare l’EN 13445, questa norma rimarrà soltanto come punto di riferimento e sorgente di idee per coloro che in futuro avranno bisogno di attingervi.

Fernando Lidonnici