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Due parole sull’applicazione del Codice ASME VIII divisione 1 in ambito PED

Delle difficoltà di applicare il codice ASME VIII divisione 1 come norma volta a tradurre in pratica i Principi Essenziali di Sicurezza della Direttiva PED nel caso degli apparecchi a pressione ci siamo occupati più volte, in varie sedi. Riteniamo tuttavia che sia arrivato il momento di fare un’ulteriore messa a punto sull’argomento, dato che utenti più che qualificati, supportati da Organismi Notificati anch’essi di grande nome, sembrano voler sposare la tesi che l’uso del codice americano dia automaticamente una presunzione di conformità alla Direttiva, in misura addirittura maggiore della norma armonizzata, alla quale soltanto competerebbe questa presunzione.

Sia chiaro che nessuno vuole togliere validità a un codice, come quello americano, dal quale tutti i codici nazionali degli altri paesi hanno copiato interi capitoli, per non dire che ne hanno addirittura desunto i criteri generali di progettazione e di controllo. Sta di fatto, tuttavia, che tra codice ASME e direttiva PED esiste una contraddizione di base difficilmente risolvibile, come cercherò di dimostrare qui di seguito.

La filosofia di base dell’ASME (in particolar modo quella della divisione 1 della sezione VIII, il codice sugli apparecchi a pressione non soggetti alla fiamma) è basata sulla totale conformità dell’apparecchio, in ogni minimo dettaglio, alle prescrizioni del codice stesso: conformità certificata dalla presenza del marchio ASME. Grazie a questa presenza, l’apparecchio, senza ulteriori indagini, studi o ricerche, può essere automaticamente ritenuto totalmente affidabile da una società assicuratrice eventualmente chiamata in futuro a rispondere dei danni causati dallo stesso. Completamente diverso è il significato del marchio CE, che vuol dire conformità ai soli principi essenziali, e non ad una normativa tecnica dettagliata; e il primo (e più importante) dei suddetti principi è l’obbligo, per il costruttore, di eseguire un’analisi di tutti i rischi al quale l’apparecchio può essere soggetto non solo nelle condizioni di normale esercizio, ma anche in ogni altra condizione in cui lo stesso può venirsi a trovare. Il costruttore è pertanto responsabile di programmare opportunamente sia le modalità di trasporto, che quelle di montaggio nel luogo di installazione, di prevedere le modalità di manutenzione e quelle di prova, di tener conto di ogni eventuale condizione anomala che può sorgere durante l’esercizio: tutto ciò dovrà essere poi opportunamente dettagliato nel manuale d’uso, in modo che l’utente ne sia opportunamente informato. Come si vede, non si danno i dettagli, ma si estende la responsabilità, si badi bene, del solo costruttore, ad un ambito assai più vasto. Tutte le caratteristiche rilevanti per la sicurezza e non direttamente sotto il controllo del costruttore dovranno essere comunque coperte dalla garanzia di suoi subfornitori: ad esempio, le caratteristiche dei materiali. Ed ecco qui una prima sostanziale differenza con la filosofia americana: le specifiche americane (ASTM o ASME) non forniscono quasi mai le caratteristiche dei materiali a temperature elevate e a temperature basse: il fatto che il codice ASME contenga delle tabelle di carichi ammissibili e dei valori di limite elastico a temperatura non è in alcun modo una garanzia (si veda la nota riportata in fondo alla tabella dei limiti elastici della Sezione II, parte D dell’ASME, in cui viene detto chiaramente che si tratta di valori utilizzabili ai fini del calcolo, ma che non implicano la garanzia del buon esito di una eventuale prova a caldo; il fabbricante dei materiali non è pertanto vincolato in alcun modo da tali valori). I materiali EN, al contrario, riportano le caratteristiche a caldo e a freddo direttamente in specifica: ordinare un materiale a specifica EN vuol dire pertanto vincolare il fabbricante al rispetto di tali caratteristiche.

Con questo non si vuol dire che i materiali ASME non sono utilizzabili in ambito PED: il fatto è però che per utilizzarli è necessario prescrivere esplicitamente in ordine le caratteristiche (a caldo o a freddo) che il fornitore dovrà garantire (in ciò consiste la cosiddetta PMA = Particular Material Appraisal, con la quale un Ente Notificato autorizza l’impiego di un materiale non previsto da una norma armonizzata). Un’altra importante conseguenza del requisito essenziale riguardante la garanzia delle caratteristiche, è la pratica impossibilità di utilizzare materiali ASME a magazzino eseguendo una prova di trazione a caldo o di resilienza a freddo onde verificarne le caratteristiche: la positiva esecuzione di una singola prova non sostituisce infatti la garanzia del fabbricante, che ha un valore molto più ampio (perché copre i risultati di ogni possibile prova eseguita prelevando il campione da ogni possibile posizione di ogni possibile componente del lotto provato).

Un altro problema che si incontra nell’uso del codice ASME in ambito PED è quello della prova idraulica, che la PED e l’ASME calcolano in maniera differente. Immaginiamo, per semplicità, un apparecchio costituito da un unico materiale (perché se i materiali sono più di uno le cose si complicano ulteriormente). La prova idraulica prevista da PED, detta PS la pressione di progetto, è data dal maggior valore tra due valori:

PH1 = 1,25 x fo/f x PS

PH2 = 1,43 x PS

invece quella prevista da ASME VIII divisione 1 è semplicemente:

PH = 1,3 x fo/f x PS

(Nelle formule di cui sopra con fo/f si è indicato il rapporto tra la sollecitazione ammissibile a temperatura ambiente e quella a temperatura di progetto). In effetti la PED non parla di sollecitazioni ammissibili, ma fa un generico riferimento alla variazione delle caratteristiche del materiale al variare della temperatura: il fatto di far riferimento al rapporto dei carichi ammissibili secondo un codice, come quello in oggetto, che li taglia ad un valore costante con la temperatura (carico di rottura a freddo diviso 3,5) almeno fino a 250°C (caso degli acciai al carbonio), è una interpretazione molto ottimista, ma comunque generalmente accettata. Tuttavia, anche in questo modo, nella maggior parte dei casi si verifica che l’ASME richiede una pressione pari a 1,3 x PS, mentre la PED ne chiede una superiore del 10% (1,43 x PS). La situazione migliora leggermente se si considera che l’ASME ammette comunque di prendere a base del calcolo, al posto della pressione di progetto, la massima pressione ammissibile (MAWP = Maximum Allowable Working Pressure), tanto maggiore di PS quanto maggiore è la differenza tra spessore adottato e spessore minimo di calcolo.

A questo punto le sullodate fonti autorevoli consigliano o di limitare la pressione di prova a quella prevista dall’ASME, o di fare un calcolo per la pressione di prova PED adoperando come sollecitazione ammissibile il 90% del limite elastico. La prima delle due ipotesi, in base alla PED, non è illegale; tuttavia, se non si raggiunge la pressione di prova prevista, la PED richiede l’uso delle cosiddette “misure alternative”, che devono tuttavia garantire un livello di sicurezza equivalente. Tali misure si traducono normalmente in un incremento dei controlli NDT sulle saldature. Si noti che uno dei principali vantaggi di usare il codice ASME VIII divisione 1 è proprio quello di poter adoperare il coefficiente di saldatura 0,7 (cioè quello previsto in mancanza di controlli NDT) anche in apparecchi di grandi dimensioni; pertanto l’uso di una pressione di prova inferiore comporta automaticamente la perdita di tale vantaggio. La seconda ipotesi (calcolo in prova col 90% del limite elastico) non è affatto conforme ad ASME VIII divisione 1. Questo codice infatti non proibisce l’uso di una pressione più alta di quella prevista: prescrive tuttavia, qualora la si voglia adottare, di fare un calcolo dell’apparecchio adoperando, al posto della pressione di progetto, la “basis for calculated test pressure”, cioè la pressione di progetto che darebbe luogo, con la logica ASME, alla pressione di prova richiesta: il che sovente obbliga ad aumentare gli spessori, particolarmente nel caso di mancanza del sovraspessore di corrosione (che nel suddetto calcolo potrebbe comunque essere sfruttato per aumentare la pressione di prova).

Ma facciamo un paio di esempi, per chiarire le problematiche.

Esempio n°1: piccolo apparecchio per l’industria farmaceutica in acciaio inossidabile SA 240 316 L, pressione di progetto 5 bar, temperatura ambiente, diametro 900 mm, spessore 3 mm, niente corrosione. Lo spessore minimo in progetto per ASME è 2,8 mm, la massima pressione compatibile con lo spessore utilizzato è dunque di poco superiore (MAWP = 5,35 bar); la pressione di prova richiesta da ASME è 1,3 x 5 = 6,5 bar, ma è consentito arrivare fino a 1,3 x 5,35 = 6,95 bar.
Tuttavia quella richiesta da PED è superiore: 1,43 x 5 = 7,15 bar.
Se si vuole giustificare questa pressione con il codice ASME, bisogna progettare l’apparecchio per una pressione superiore: infatti la “basis for calculated test pressure” è: 7,15 / 1,3 = 5,5 bar. Ma il calcolo con 5,5 bar dà uno spessore minimo di 3,08 mm, superiore a quello utilizzato. Ci sono quindi due soluzioni: o si aumenta lo spessore da 3 a 4 mm, oppure si abbassa la pressione di prova a 6,95 bar, ma con la “misura alternativa” di fare almeno un paio di lastre radiografiche (se si tratta di un apparecchio fatto di una sola virola). Da notare che in tal modo l’efficienza di saldatura diventerebbe 0,85, con conseguente aumento della massima pressione ammissibile e quindi della pressione di prova ASME, che nel caso specifico potrebbe tranquillamente essere portata ad un valore di 8,45 bar, addirittura superiore a quello richiesto da PED. L’uso della VSR al posto dell’ASME (in questo caso l’efficienza 0,7 sarebbe stata ammessa anche da VSR) non avrebbe invece comportato alcun problema, dato che le pressioni di prova richieste dalle Raccomandazioni CTI (che integrano la VSR) sono quelle della PED; anzi, ammesso e non concesso di trovare sul mercato una lamiera spessore 2,5 mm, sarebbe stato anche possibile abbassare lo spessore.

Esempio n°2: grosso serbatoio di GPL in acciaio al carbonio SA 516 70, pressione di progetto 15 bar, temperatura 250°C, diametro 2650 mm, spessore 22 mm, corrosione 1 mm. Lo spessore minimo in progetto per ASME è 21,8 mm, la massima pressione compatibile con lo spessore utilizzato è quindi di poco superiore a quella di progetto (MAWP = 15,87 bar), la pressione di prova richiesta da ASME è 1,3 x 15 = 19,5 bar, ma è consentito arrivare a 1,3 x 15,87 = 20,63 bar.
Anche in questo caso tuttavia la PED richiede una pressione superiore: 1,43 x 15 = 21,45 bar (la sollecitazione ammissibile sia a 20°C che a 250°C è sempre 137,9 MPa, perciò fo/f è uguale a 1). Se si vuole pertanto la conformità sia ad ASME che a PED, l’apparecchio va calcolato per una pressione di 21,45 / 1,3 = 16,5 bar, superiore quindi alla MAWP, il che porta lo spessore minimo di calcolo a 23,9 mm; bisognerà quindi adottare uno spessore di almeno 24 mm, oppure abbassare la pressione di prova a 20,63 bar, prescrivendo però la radiografia a tratti delle saldature longitudinali e circonferenziali (e questa volta, date le dimensioni dell’apparecchio, le lastre da eseguire sarebbero sicuramente assai più di due). E’ vero che in tal modo l’efficienza di saldatura potrebbe diventare 0,85, e quindi lo spessore potrebbe scendere a 20 mm, con conseguente aumento della pressione di prova ammissibile per ASME sino ad un valore superiore alla pressione di prova PED: ma il numero di lastre da eseguire potrebbe avere un costo superiore al vantaggio determinato dalla riduzione dello spessore. In questo caso l’uso della VSR non avrebbe comportato vantaggi dal punto di vista dei controlli NDT, dato che per un apparecchio di queste dimensioni le norme ISPESL prevedono comunque la radiografia a tratti; tuttavia lo spessore avrebbe potuto scendere da 22 a 18 mm usando lo stesso materiale ASME, e addirittura a 16 mm con l’uso del materiale EN equivalente.

E’ pur vero che stiamo parlando di differenze minime: sia nel primo che nel secondo esempio la differenza tra pressione di prova PED e pressione di prova ASME era inferiore ad un bar; e siccome oggi, con la concorrenza esasperata tra organismi grandi e piccoli, tutti gli organismi hanno preso l’abitudine di accettare tutto chiudendo un occhio o magari tutti e due, non è escluso che troviate l’organismo che vi accetta la pressione di prova ASME senza ulteriori aggravi, o quello che vi accetta la pressione di prova PED, giustificata da un calcolo fatto con un ammissibile di comodo, o addirittura fatto secondo un altro codice. E’ bene far notare che la miscela di più codici in uno stesso apparecchio, anche se non esplicitamente proibita dalla PED, è comunque da evitare: si sceglie un codice proprio perché si ritiene che il suo generale livello di sicurezza sia compatibile con quello dei requisiti essenziali, cosa che verrebbe ovviamente a mancare mischiando insieme spezzoni di codici differenti scelti in base al solo vantaggio economico. Non va comunque dimenticato che differenze maggiori nelle pressioni di prova potrebbero sussistere in caso di apparecchi aventi pressioni di progetto più elevate, o nel caso di apparecchi costruiti con materiali differenti e con temperature di progetto differenti tra un componente e l’altro; ciò perché la logica ASME presuppone in tal caso di scegliere la minore tra le pressioni di prova calcolate per ciascun componente, mentre quella PED imporrebbe di prendere la maggiore. Inoltre il codice ASME potrebbe comunque essere imposto non dal costruttore, ma da un suo cliente americano (o magari giapponese) che di PED non vuol sapere nulla, perché a lui interessa solo la conformità all’ASME (purché poi l’apparecchio possa essere messo in servizio in Europa senza problemi). Si ricordi anche che la norma armonizzata sugli apparecchi a pressione (EN 13445), come del resto la VSR integrata dalle Raccomandazioni CTI, consentono di derogare dalla pressione di prova imposta da PED nel caso ciò implichi il surdimensionamento di uno dei componenti principali, a condizione che si usi comunque la massima pressione compatibile con gli spessori dei suddetti componenti, e a condizione che esista comunque un controllo NDT. Il raggiungimento di una pressione di prova pari a 1,43 volte quella di progetto è comunque vincolante in ogni caso.

Il discorso della difficoltà dell’impiego dell’ASME in ambito PED potrebbe andare molto più lontano: esiste un problema generale di compatibilità tra ammissibili ASME e ammissibili PED nel caso di alcuni materiali (ad esempio, gli acciai inossidabili austenitici, per cui l’ASME VIII divisione 1 prevede valori che, in determinati casi, arrivano al 90% del limite elastico); esiste poi un problema di garanzia sulle caratteristiche meccaniche dei giunti saldati nel campo dello scorrimento viscoso (per le quali ASME non prevede alcuna riduzione rispetto alle caratteristiche del materiale base). Rimane il fatto che tutte le difficoltà sono essenzialmente dovute alla diversa filosofia alla base delle due normative, per cui chiedere, come oggi sembrano voler fare alcune società di ingegneria e alcuni grossi utenti italiani, di usare unicamente l’ASME per la costruzione di apparecchi PED, dimenticando l’esistenza sia della VSR che della norma armonizzata, non può che generare confusione. E’ vero che la normativa ISPESL, oramai non più aggiornata, è destinata a scomparire progressivamente: ma resta il fatto che il più logico sostituto delle norme ISPESL non è il codice americano, bensì quello europeo. A questo proposito giova ricordare che, con l’approvazione in inchiesta pubblica delle nuove norme sullo scorrimento viscoso e di quelle sugli apparecchi in lega di alluminio, con l’introduzione delle norme sulle prove di scoppio e del cosiddetto “Design by Formula Amendment”, che consentirà di abbassare da 2,4 a 1,875 il coefficiente di sicurezza sul carico di rottura, la 13445 diventa una delle normative più vantaggiose e più complete esistenti. Se solo qualcosa si muovesse per averne la traduzione in lingua italiana, forse qualcuno potrebbe rendersene conto più facilmente (chi ha orecchi per intendere, intenda).

Fernando Lidonnici