Quando ho iniziato a lavorare per un importante produttore italiano di recipienti a pressione e scambiatori di calore (circa 50 anni fa), sapevo solo che uno scambiatore di calore a fascio tubiero era una specie di contenitore metallico, generalmente riempito di tubi, in cui entravano due fluidi: un fluido freddo, che deve uscire meno freddo, e un fluido caldo, che deve uscire meno caldo. Naturalmente, facendo una passeggiata in officina, le mie idee sull’argomento cominciarono ad essere meno approssimative; tuttavia ci volle del tempo prima che potessi capire che i tubi sono generalmente raggruppati insieme in un fascio tubiero, e attaccati a uno o due dischi completamente riempiti di fori, detti piastre tubiere; e ci è voluto ancora un po’ di tempo prima che potessi capire il significato di quei buffi gruppi di lettere (AES, BEM, BEU, AKT, ecc.) che sono una descrizione compatta della disposizione interna dello scambiatore, capace di dare al progettista qualche informazione in più sulle sue caratteristiche (tubi diritti o a U, fascio smontabile o fascio fisso, ecc.). Ma ogni volta che facevo ai vecchi ingegneri dell’ufficio Progettazione qualche domanda tecnica sugli scambiatori di calore a fascio tubiero, la risposta era sempre la stessa: “Guarda nelle norme TEMA”. Ebbene, questo era davvero il solito modo in cui i vecchi progettisti amavano trasmettere la loro esperienza ai giovani ingegneri: infatti, quando le mie domande riguardavano altri tipi di recipienti a pressione, o componenti specifici di recipienti come virole, flange, fondi bombati o piani, il la risposta abituale era: “Guarda nel codice ASME”. Così ho iniziato a capire due cose diverse: prima di tutto che, a quel tempo, tutta la tecnologia dei recipienti a pressione e degli scambiatori di calore si poteva trovare solo negli standard americani; e in secondo luogo, che nel reparto progettazione di un produttore di recipienti a pressione le persone sono troppo impegnate per trasmettere la loro esperienza ai giovani ingegneri (a proposito, oggi questa situazione rimane ancora invariata, tranne per il fatto che la maggior parte dei produttori ha semplicemente chiuso i propri uffici progettazione, preferendo quindi acquistare calcoli e disegni altrove).
In ogni caso, a quel tempo la tecnologia dei recipienti a pressione In Italia, Francia, Benelux, Spagna e Portogallo era in realtà basata su fonti americane, sebbene nei paesi di lingua tedesca (Germania, Austria e Svizzera) fossero in via di sviluppo metodi alternativi diversi: ma certamente, l’industria chimica e petrolchimica americana aveva esportato in Europa la maggior parte dei processi chimici, imponendo così l’uso degli standard americani per la costruzione di nuovi impianti. Inoltre, l’uso dell’Inglese come lingua di comunicazione standard in Europa ha facilitato la diffusione di tutti gli standard americani sui recipienti a pressione. Il risultato è stato che le varie leggi e standard nazionali sui recipienti a pressione, sebbene con procedure di ispezione e certificazione diverse, sono state tutte basate sulle stesse fonti americane. Tuttavia, l’entrata in vigore della Direttiva Attrezzature a Pressione (PED) e lo sforzo compiuto dalla Commissione Europea per promuovere l’uso delle norme europee armonizzate, hanno progressivamente modificato questa situazione: così che la relativamente nuova norma europea sui recipienti a pressione non soggetti alla fiamma EN 13445 ha ampiamente preso in considerazione metodi di calcolo e di ispezione basati su fonti europee (includendo in queste fonti anche l’esperienza maturata nell’ex Germania Est e in altri paesi dell’Europa orientale). Da notare inoltre che la direttiva PED si basa su criteri di sicurezza completamente diversi da quelli utilizzati negli USA: tanto per semplificare il problema, negli USA la sicurezza si basa sul puntuale rispetto di tutti i minimi dettagli della norma, mentre la PED non fa riferimento a nessuna norma (nemmeno a quella armonizzata), ma richiede sempre un’analisi dei rischi che tenga conto di tutte le condizioni in cui l’apparecchiatura si troverà durante la sua vita utile di servizio (manutenzione, collaudo, trasporto, montaggio, manutenzione, eccezionali, ecc.).
Tuttavia, anche se è ormai in progressivo aumento in Europa il numero di contratti in cui utenti e società di ingegneria stanno specificando ai produttori (insieme alla PED, che è imposta dalla legge) le relative norme armonizzate, per gli scambiatori di calore a fascio tubiero anche le norme TEMA (TEMA = Tubular Exchanger Manufacturers’ Association, giunta ormai alla sua 10a Edizione) sono sempre specificate, anche se la situazione attuale è sostanzialmente diversa da quella esistente 50 anni fa: 50 anni fa nel codice ASME non c’era nulla sul calcolo delle piastre tubiere di scambiatori di calore, mentre ormai tutte le moderne norme nazionali sui recipienti a pressione contengono un opportuno metodo di calcolo (e quindi il metodo TEMA è ora contenuto in un’appendice non obbligatoria, la cui presenza residua nella norma è giustificata dalla seguente frase: “Le seguenti regole sono state incluse come metodo di progettazione per le piastre tubiere di quegli scambiatori di calore che non sono progettati secondo il codice ASME. Non deve pertanto intendersi che queste regole siano utilizzate in aggiunta alle regole di progettazione ASME”. In altre parole: se il tuo progetto deve essere realizzato secondo ASME, sei sufficientemente sicuro, ma nel caso opposto è meglio seguire questa appendice, che è sicuramente più affidabile di qualsiasi altro metodo di progettazione contenuto in standard non americani.
Tutte le moderne norme europee sui recipienti a pressione contengono anche regole per il calcolo dei giunti di dilatazione, mentre secondo ASME VIII divisione 1 questi componenti possono essere progettati secondo un’appendice obbligatoria (26), basata su un altro noto standard americano (EJMA = Expansion Joint Manufacturers’ Association), tuttavia applicabile solo per spessori di lamiera non superiori a 0,2 pollici (5 mm); ebbene, le norme TEMA, che fanno sempre riferimento al codice ASME per il calcolo meccanico di tutti i componenti dello scambiatore di calore, per il caso particolare dei giunti di dilatazione fuori dai limiti imposti dall’Appendice 26, prevedono 17 pagine di istruzioni dettagliate per un’analisi FEM del giunto: e si noti che, in teoria, se viene specificato TEMA questa analisi FEM dovrebbe essere obbligatoria.
Le TEMA forniscono anche il calcolo meccanico dei supporti (selle, mensole) o dei golfari di sollevamento. Tuttavia, alla fine, anche nel caso in cui in uno scambiatore di calore soggetto alla PED siano imposte anche le norme TEMA, è generalmente implicito che solo la norma armonizzata (o eventualmente un’altra norma nazionale europea specificata dall’utilizzatore al fine di rispettare i Requisiti Essenziali di Sicurezza della PED) deve essere seguita per il calcolo di piastre tubiere, giunti di dilatazione e supporti. Nelle norme TEMA rimangono ancora alcune prescrizioni di calcolo aggiuntive generalmente non contenute né nel codice ASME né in nessun altro standard europeo sui recipienti a pressione: ad esempio il calcolo degli anelli di fissaggio delle teste flottanti, o il calcolo dei setti divisori delle casse, soggetti ad una pressione uguale alla perdita di carico del fluido lato tubi dall’ingresso all’uscita.
Pertanto il motivo principale per specificare le norme TEMA negli scambiatori di calore conformi alla PED ha poco a che fare con i calcoli: a meno che non si considerino, nella progettazione dello scambiatore di calore, le prescrizioni per evitare problemi termici o prestazionali: come le aree minime di ingresso nel mantello e nel fascio, da prevedere per evitare l’erosione dei tubi, la corretta spaziatura delle strisce di tenuta e di altri dispositivi volti ad evitare il bypass del fascio, la massima energia cinetica dei flussi che scorrono attraverso i bocchelli, le tolleranze tra fascio e mantello, tra diaframmi e mantello , e tra i fori dei tubi nei diaframmi e il diametro esterno degli stessi. Si noti che il calcolo termico, generalmente realizzato per mezzo di appositi programmi software (HTRI, HTFS, ecc.), si basa sempre sulle suddette tolleranze, che quindi devono essere rispettate per garantire le prestazioni termiche. E poi, sicuramente, la prescrizione più importante, il calcolo delle frequenze proprie dei tubi onde evitare vibrazioni: il metodo fornito dalle TEMA, sebbene leggermente modificato nei programmi di progettazione termica di cui sopra, non è contenuto in nessuno standard di apparecchi a pressione, ma è di importanza fondamentale, considerando che le vibrazioni dei tubi sono oggi la causa più frequente di guasti negli scambiatori di calore.
Altre sezioni delle TEMA sono molto importanti per il corretto funzionamento dello scambiatore: ad esempio, le tolleranze meccaniche da considerare per la foratura della piastra tubiera; mentre le tabelle che riportano la corretta spaziatura da prevedere attorno ai bulloni sono la base per una progettazione economica delle flange principali (non standard), considerando che le dimensioni delle flange stesse sono condizionate da tale spaziatura.
Non va però dimenticato che le TEMA sono uno standard (come dice il nome stesso) elaborato dai produttori di scambiatori di calore: il cui interesse è sicuramente quello di fornire prodotti sicuri e durevoli; ma, naturalmente, l’attenzione dei redattori non è rivolta con la stessa attenzione alla riduzione dei costi. Solo un esempio: per uno scambiatore di classe R (=Raffineria), un mantello con diametro interno di 39” (991 mm) in Acciaio al Carbonio o Bassolegato deve avere uno spessore minimo di 11,1 mm, qualunque sia la pressione; mentre un fasciame con un diametro interno di 40” (1016 mm) deve avere uno spessore minimo di 12,7 mm; e per entrambi il progettista deve prevedere una tolleranza di corrosione di 3,2 mm, qualunque sia il fluido contenuto nello scambiatore. A parte il fatto che la norma non dice nulla sullo spessore minimo di un fasciame con un diametro interno di 1000 mm (11,1 mm, 12,7 mm, oppure bisogna interpolare? – in realtà ciò è conseguenza del fatto che negli Stati Uniti i diametri degli apparecchi sono previsti esclusivamente in pollici), anche considerando un margine di corrosione di 3,2 mm e un’efficienza del giunto di 0,85, a 250°C uno spessore di 12,7 mm per un fasciame in acciaio al carbonio P265GH EN 10028.2 secondo EN 13445.3 sarebbe adeguato per una pressione di 19 bar, mentre per una pressione di 10 bar sono sufficienti 8,32 mm (si noti che sostituendo EN 13445.3 con ASME VIII divisione 1 e il materiale EN con l’equivalente ASME SA 516.60 otteniamo quasi lo stesso spessore).
In altre parole: le norme TEMA sono molto conservative e non del tutto adeguate all’impiego in Europa. Per questo motivo EPERC ha proposto, nel recente programma fornito dalla Commissione per l’elaborazione di nuove norme armonizzate, la creazione di una norma EN equivalente alle TEMA, basata sulla EN 13445 e non sulle ASME, ma comprendente tutte le prescrizioni di questa norma (vibrazioni dei tubi, tolleranze, ecc.) che sono realmente necessarie per assicurare una corretta progettazione meccanica oltre che una corretta prestazione termica. La nuova norma dovrebbe essere eventualmente preparata da un gruppo di esperti in cui dovrebbero essere rappresentati non solo i fabbricanti, ma anche gli utenti, le società di ingegneria e gli organismi notificati.
Ebbene, la discussione col CEN e con la Commissione è già iniziata. Ma sono rimasto davvero sorpreso nell’apprendere, durante la discussione, che esiste già una norma EN sugli scambiatori di calore a fascio tubiero: si chiama EN ISO 16812, con il titolo “Industria petrolifera, petrolchimica e del gas naturale – Scambiatori di calore a fascio tubiero”. Il contenuto della norma (non più di 10 pagine) è molto semplice, e può essere riassunto nella seguente affermazione, posta all’inizio: “Questo documento integra lo standard API 660, 9a edizione (2015). I requisiti tecnici di questo documento e dell’API 660 erano identici. Nel frattempo l’API 660 è stata tecnicamente rivista come API 660, 9a edizione (2015). Lo scopo di questo documento è aggiornarlo, facendo riferimento all’edizione corrente di API 660 e aggiungendo contenuti supplementari”. In altre parole: “questo standard è una copia carbone dello standard americano API 660 (API = American Petroleum Institute). Se vuoi saperne di più, guarda API 660”. Certo, non è uno scandalo che uno standard americano sia stato convertito in uno standard ISO: è degno di nota che, per fare ciò, sia stata fatta una revisione cosmetica dello standard API originale, convertendo ad esempio le originarie unità di misura “customary” in unità SI, e citando la EN 13445, insieme ad ASME VIII divisione 1 e 2, non nei riferimenti normativi, ma semplicemente nella bibliografia. A parte questo, l’API 660 è ricca di riferimenti normativi ad altri standard americani (tra cui le TEMA), alcuni dei quali anche già convertiti in standard ISO. Inoltre, le prescrizioni sono generalmente più conservative di quelle contenute o nelle TEMA o nella EN 13445.
Ma come è possibile che questa norma americana sia ora diventata una norma EN? Ciò è dovuto al cosiddetto “Accordo di Vienna”, tra CEN e ISO, che prevede che uno standard realizzato da una qualsiasi delle due organizzazioni possa essere adottato automaticamente dall’altra, ovviamente dopo una specifica decisione di entrambe le organizzazioni. Non conosco i dettagli della decisione presa nel caso specifico: so solo che la questione è stata gestita dal CEN TC12 “Materiali, attrezzature e strutture offshore per le industrie petrolifere, petrolchimiche e del gas naturale”, che ora è stato interessato alla possibilità di predisporre una nuova norma che potrebbe essere in contrasto con la EN ISO 16812. In ogni caso, non ricordo proprio di aver visto questa norma tra le specifiche di qualsiasi contratto europeo per scambiatori di calore a fascio tubiero: anzi, come già detto sopra, ho visto quasi sempre lo standard TEMA all’interno delle specifiche del contratto (il che, alla fine, significa che l’industria europea considera lo standard TEMA un riferimento migliore dell’API 660).
Inoltre, desidero richiamare l’attenzione dei responsabili sul fatto che l’ultima revisione dell’accordo di Vienna tra CEN e ISO è stata fatta nel 2001, cioè prima dell’entrata in vigore della Direttiva Attrezzature a pressione: quindi, a mio parere, qualsiasi norma EN relativa alle attrezzature a pressione avrebbe dovuto essere rivista per individuare le possibili non conformità ai requisiti essenziali di sicurezza della PED. Ciò è particolarmente vero per gli standard EN ISO, molte volte basati su standard americani.
Tornando alla nuova norma EN proposta per scambiatori di calore a fascio tubiero, ritengo che ora sia urgente che il CEN risolva il conflitto con la EN ISO 16812. In caso contrario, la Commissione non potrebbe prendere in considerazione la nuova norma nel programma per l’elaborazione di nuove norme armonizzate.
Mi auguro che l’industria europea (produttori, utenti, società di ingegneria ed enti notificati) contribuisca alla risoluzione del problema e dia anche un contributo positivo dei propri esperti nella preparazione della nuova norma.
Milano, 07.10.2022 Fernando Lidonnici