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Qual è la temperatura dei tubi da considerare nel calcolo degli scambiatori di calore a fascio tubiero?

Questa domanda emerge molte volte nel lavoro dei progettisti di scambiatori di calore. La risposta è necessaria qualunque sia lo standard di calcolo da utilizzare.

La situazione normale in cui si trova l’ingegnere incaricato della progettazione meccanica degli scambiatori di calore a fascio tubiero è la seguente: una specifica contenente due colonne, lato tubi e lato mantello: in ogni colonna è presente una temperatura di progetto, una pressione di progetto, una pressione di prova, una tolleranza di corrosione e così via: tuttavia, nulla è generalmente specificato circa la temperatura di progetto delle pareti che sono comuni a entrambi i lati, come, nel caso di scambiatori a fascio tubiero, i tubi e le piastre tubiere.

Ebbene, per evitare errori, la risposta potrebbe essere: prendere la temperatura più alta tra il lato tubo e la temperatura lato mantello. Ma qual è la conseguenza di questa scelta quando una delle temperature è molto più alta dell’altra?  Nel caso di una caldaia a tubi di fumo (che alla fine è pur sempre uno scambiatore a fascio tubiero), si hanno gas di combustione lato tubi, a temperature intorno ai 1000°C, mentre la temperatura di progetto lato mantello è molto inferiore, generalmente inferiore a 300°C, a seconda della pressione del vapore. È chiaro che in un’unità come questa la reale temperatura media del tubo è determinata dai due coefficienti di lato: il coefficiente convettivo lato tubi dei gas di combustione ad alta temperatura, che normalmente è molto basso; e il coefficiente di ebollizione lato mantello dell’acqua, che è molto più elevato, almeno fino a quando l’acqua è presente sia nella fase liquida che in quella vapore: infatti la temperatura di esercizio di un singolo fluido presente in due fasi e riscaldato da qualsiasi fonte non varierà , almeno fino a quando sono presenti entrambe le fasi, perché, ad una data pressione, tutto il calore ricevuto sarà utilizzato per provocare l’evaporazione della fase liquida anziché un aumento della sua temperatura.

Di conseguenza, la temperatura media dei tubi sarà più vicina alla temperatura dell’acqua in ebollizione: nelle caldaie a tubi di fumo è pratica comune considerare una temperatura dei tubi di soli 25°C superiore alla temperatura dell’acqua bollente. La temperatura comincerà ad aumentare solo quando tutto il liquido sarà completamente evaporato: ma in questo caso il coefficiente di scambio termico diventerà molto più basso, e la temperatura della parete dei tubi di conseguenza più alta.

Ebbene, la Direttiva Attrezzature in Pressione classifica questi apparecchi come “apparecchi a rischio di surriscaldamento”, cioè apparecchi in cui, nelle loro normali condizioni operative, la temperatura di alcuni componenti è normalmente mantenuta a un livello inferiore a quello del fluido in contatto con essi, perché dotati di particolari dispositivi di sicurezza in grado di assicurare questa situazione (nel caso dei generatori di vapore come le caldaie a tubi di fumo, i dispositivi di sicurezza devono assicurare che il livello dell’acqua sia sempre sufficiente a ricoprire tutti i tubi).

Si noti che molti scambiatori di raffineria sono riscaldati da gas di processo a temperature paragonabili a quelle dei gas di combustione, e quindi anche i normali scambiatori di raffineria a fascio tubiero possono essere soggetti al rischio di surriscaldamento: per queste unità la specifica termica dovrebbe fornire la temperatura di progetto dei tubi. La mancata indicazione di tale temperatura porterebbe all’assunto molto poco logico che la temperatura di progetto dei tubi sia quella del fluido lato caldo, con la conseguenza che il materiale dei tubi dovrebbe essere in grado di sopportare tale temperatura: in altre parole, tubi che normalmente sono realizzati con acciai al carbonio o bassolegati dovrebbero essere invece realizzati con leghe Nichel-Cromo-Molibdeno-Ferro particolarmente resistenti al calore.

Inoltre, quando tali unità sono scambiatori di calore a piastre tubiere fisse (cioè con le piastre tubiere rigidamente collegate ai tubi e al mantello), la dilatazione termica differenziale tra mantello e tubi genererebbe sollecitazioni termiche molto elevate, che in pratica non esistono: il che comporta la necessità di specificare non solo una temperatura di progetto dei tubi, ma anche una temperatura media metallica dei tubi (e del mantello) in condizioni di servizio, necessarie per valutare tali sollecitazioni. Naturalmente in questo caso vanno valutate tutte le possibili condizioni di funzionamento, in particolare l’accensione e lo spegnimento, in cui le temperature medie di parete potrebbero essere diverse da quelle esistenti nelle normali condizioni di funzionamento. Per questo motivo un’informazione adeguata può essere data solo dal progettista termico (ma in molti casi questa informazione manca, cosicché il progettista meccanico non sempre è in grado di adempiere al proprio compito).

Una situazione leggermente diversa è quella delle piastre tubiere: infatti, mentre nei tubi la superficie a contatto con il fluido caldo è pressoché uguale a quella del fluido freddo (sia pure considerando la differenza tra diametro interno ed esterno del tubo), quando il fluido caldo scorre nei tubi la superficie cilindrica della porzione di tubo all’interno della piastra tubiera, attraverso la quale si trasferisce la maggior parte del calore al materiale della piastra tubiera, ha una grandezza maggiore se la piastra è spessa: in altre parole, le piastre tubiere attraversate dal fluido caldo verranno riscaldate ad una temperatura tanto maggiore quanto più grande è il loro spessore, e comunque superiore a quella che lo stesso fluido provoca nei tubi; questo è il motivo per cui le norme usate per il calcolo dei generatori di vapore danno generalmente luogo a spessori di piastra tubiera decisamente più bassi che non le norme degli scambiatori di calore.

Questa situazione può portare, per apparecchi molto particolari, all’utilizzo di calcoli agli elementi finiti sia per la valutazione della temperatura di esercizio della piastra tubiera, sia per il conseguente calcolo meccanico delle sollecitazioni; i software utilizzati normalmente per la progettazione termica degli scambiatori di calore forniscono infatti le temperature medie dei tubi e del mantello, ma non danno informazioni sulla temperatura operativa della piastra tubiera.

 

25.01.2023                                                                                                                               Fernando Lidonnici