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Raccomandazioni addio! Dopo un anno di lavoro l’UNI ha bloccato la nuova edizione delle Raccomandazioni CTI per l’uso delle Raccolte ISPESL.

Ma di quali raccomandazioni stiamo parlando? Stiamo parlando delle Raccomandazioni CTI per l’uso delle Raccolte ISPESL nell’ambito della Direttiva PED: un documento emesso dal Comitato Termotecnico Italiano al momento dell’entrata in vigore della Direttiva 97/23 “Attrezzature in Pressione” (Pressure Equipment Directive), onde dare ai costruttori italiani la possibilità di continuare ad usare il loro codice nazionale (le Raccolte VSR, VSG, M ed S dell’ISPESL), in attesa di un definitivo completamento (e della necessaria traduzione in Italiano) delle norme CEN cosiddette “armonizzate”.

L’ultima revisione delle Raccomandazioni risaliva al 2005, ed era stata preparata da un gruppo di lavoro ad hoc a cui avevano partecipato utenti, costruttori ed organismi notificati, nonché numerosi tecnici dell’ISPESL (oggi INAIL). Purtroppo le norme armonizzate (in particolare l’EN 13445, relativa agli apparecchi a pressione non soggetti alla fiamma), nonostante gli sforzi degli esperti che lavorano nei relativi Comitati Tecnici del CEN, non sono a tutt’oggi ancora complete: nella già citata norma dei recipienti mancano ancora le norme relative agli apparecchi in ghisa, in titanio e sue leghe, in rame e sue leghe, e in materiali non metallici (plastica, vetro, ecc.); e anche se la situazione odierna è sicuramente migliore di quella esistente nel 2002 (con EN 13445 si possono adesso costruire apparecchi che lavorano nel campo dello scorrimento viscoso e apparecchi in leghe di nichel), non possiamo ancora affermare di aver coperto tutto il campo che, prima della direttiva PED, era coperto dalle vecchie Raccolte ISPESL.

Quanto poi alle traduzioni in Italiano della EN 13445 l’UNI si è sempre rifiutato di parlarne: da notare che la stessa norma, della quale il CEN, secondo il suo statuto, elabora esclusivamente le versioni in Inglese, Francese e Tedesco, è già stata tradotta nella lingua nazionale di numerosi altri enti di standardizzazione (ad esempio, l’AENOR per lo Spagnolo e l’SFS per il Finlandese).

Tutto ciò considerato, circa un anno fa il Comitato Termotecnico Italiano, dopo aver acquisito il parere positivo dell’UNI, ha deciso di intraprendere una ulteriore revisione delle Raccomandazioni: sempre, tuttavia, con l’idea di allinearle ai progressi compiuti dalle norme CEN armonizzate, in particolare alla EN 13445, allo scopo di assicurare da un lato un graduale passaggio dalla normativa nazionale alla normativa europea, e dall’altro la copertura dei campi non ancora considerati in tale norma; e garantendo inoltre una più facile riqualificazione PED degli apparecchi esistenti, originariamente progettati e costruiti secondo le Raccolte, nei casi, non certo infrequenti, di riparazioni e di modifiche. Unica condizione posta allora dall’UNI fu che il termine “Raccomandazioni” venisse sostituito dal termine di “Rapporto Tecnico” o di “Specifica Tecnica”, più consono, ci fu detto allora, agli accordi del CEN tra gli organismi di standardizzazione europei.

Dopo numerose sedute tenutesi nel 2015 e nel 2016, un gruppo di lavoro ad hoc, formato, nell’ambito del GdL1 della CT 221/CTI, dal sottoscritto e da numerosi altri volontari aveva ormai finalizzato il testo del nuovo TR: la seduta del prossimo 9 novembre avrebbe dovuto dare a quel testo gli ultimi ritocchi.

Abbiamo tuttavia ricevuto dal CTI, a riunione del 9 novembre già convocata, la comunicazione di cui riporto testualmente uno stralcio:

“… devo informarvi che relativamente al progetto UNI1602196 “Linee guida per l’uso delle raccolte Ispesl” abbiamo ricevuto da UNI le seguenti riserve circa la possibilità di pubblicarlo come Rapporto Tecnico UNI:

– emanare, ancorché come UNI/TR, delle linea guida per applicare documenti che sono al di fuori del sistema della normazione ex-Reg. 1025/2012;

– dare riconoscimento formale a documenti di un ente (Ispesl) che non esiste più dal 2010;

– riconoscere un collegamento tra i documenti Ispesl e una direttiva comunitaria (2014/68/UE);

– il configurarsi di una possibile violazione (almeno su alcuni aspetti) della regola dello standstill laddove si dovesse ipotizzare una trasformazione dei documenti Ispesl in documenti normativi UNI;

– l’impossibilità da parte del Sistema UNI (di cui un EF è parte integrante) di avallare un modello di co-regolamentazione in cui le Autorità competenti ricorrono a documenti attuativi di disposizioni regolamentari costituiti, anziché da norme tecniche, da standard estranei agli ambiti ufficiali.

Sulla base di quanto sopra la UNI ha al momento sospeso il progetto.”

Il tutto seguito dall’invito a riunirsi comunque il giorno 9 per vedere cosa rispondere all’UNI: invito che ho cortesemente ma fermamente respinto, per i motivi che qui di seguito intendo pubblicamente spiegare, augurandomi di trovare da parte dei costruttori e degli utenti italiani, così come dei rappresentanti dell’INAIL e degli organismi notificati un sostegno adeguato.

  1. Se quelle indicate sono le ragioni dell’UNI, non vedo perché un anno fa sia stato dato il via al progetto. Cosa è cambiato rispetto ad allora? Da notare che nessuno dell’UNI si è mai sognato né di venire alle riunioni del GdL1/CT 221, e che tutti i contatti sono stati delegati ai funzionari del CTI, essendo appunto il Comitato Termotecnico Italiano un ente pubblico federato all’UNI e incaricato della standardizzazione delle attrezzature in pressione oggetto della PED. Sono cambiati gli uomini? Sono cambiate le regole? O semplicemente qualcuno dei responsabili dell’UNI ha avuto paura di ricevere bacchettate sulle dita (a Roma? a Bruxelles?) da qualcuno più in alto di lui? Sarei curioso di saperlo. Da notare che, benché ormai da 26 anni io svolga indegnamente l’incarico, per conto dell’UNI, di Convenor del gruppo di lavoro 53 (Progettazione e calcolo) del CEN TC54, i funzionari dell’UNI li vedo solo di sfuggita a qualche pubblico convegno; né mi è mai capitato di ricevere da alcuno di loro un semplice ringraziamento verbale per il tempo e per le spese legate a tale incarico (è la Sant’Ambrogio che paga tutte le spese dei miei viaggi a Londra, Parigi e Bruxelles: quando il WG53 si riunisce a Milano paga persino i coffee breaks delle riunioni tenute al CTI).
  2. La comunicazione e-mail che ho riportato più sopra è un’offesa personale non solo per tutti gli esperti che hanno dato gratuitamente il loro contributo al nuovo TR, ma anche per tutti coloro che nel corso degli anni hanno lavorato alla normativa italiana: in pratica per l’UNI il lavoro già fatto non conta nulla, sorry, ci siamo sbagliati, sospendete tutto e non rompeteci più le scatole con questi vecchi testi di un ente morto, sepolto e superato: non ci frega niente se questo era una volta il Codice Italiano sugli Apparecchi a Pressione e sui Generatori di vapore, potete oramai buttare tutto nella spazzatura, pazienza se le norme armonizzate hanno ancora dei buchi, non diteci che non siete capaci di usare qualcos’altro, magari il codice ASME, o uno dei codici di qualche altro paese.
  3. Ma, ammesso e non concesso che l’UNI abbia ragione, come mai in Francia, in Germania e nel Regno Unito sopravvivono e prosperano i codici nazionali per gli apparecchi a pressione CODAP, AD 2000 e PD 5500? E’ vero, in Francia è l’SNCT, ossia l’associazione dei costruttori, a pubblicare queste norme, e l’SNCT non è vincolata dalle regole del CEN: è pertanto improbabile che rinunci alla vendita di uno standard che costa circa 4500 Euro a copia. E’ anche vero che in Germania le norme AD 2000 sono pubblicate dal VdTÜV, ossia dalla federazione tedesca degli organismi di controllo, e non dalla DIN, che è l’organismo di standardizzazione: ma qualcuno dei signori dell’UNI che ora ci ingiunge di rinunciare alle Raccomandazioni vuole cortesemente spiegarmi perché nel Regno Unito l’ente di standardizzazione inglese (BSI) continua tranquillamente a sviluppare e commercializzare il codice inglese BS 5500 col semplice trucco di cambiargli il nome (PD 5500, ove PD sta per “Published Document”, al posto di BS, che vuol dire “British Standard”)? Forse il BSI non è anch’esso soggetto alle regole del CEN? O forse siamo noi Italiani i più cretini di tutti? O siamo davvero convinti di essere in Europa gli ultimi della classe, che siccome studiano poco e male devono quanto meno fare di tutto per non rompere troppo le scatole ai professori di Bruxelles, o a coloro che a Bruxelles professori si credono?
  4. A parte tutto, cosa si aspetta il CTI da una ridiscussione delle ragioni che hanno consigliato la revisione delle Raccomandazioni confinata ai soli esperti che ci hanno lavorato? Se discussione ci deve essere, alla discussione devono essere presenti, come lo furono nel 2002, anche le associazioni dei costruttori, degli utenti e degli organismi di controllo, e in primo luogo, ovviamente, l’INAIL che ha sostituito l’ISPESL. E se il dire sì o no non è delegabile al CTI (ma allora il CTI a cosa serve?), che intervenga anche alla discussione chi ha le prerogative necessarie a dire quel sì o quel no. Il prossimo convegno SAFAP, che si terrà il 15 e 16 novembre a Milano è sicuramente l’occasione più appropriata.

 

Se avete letto fino in fondo, che siate d’accordo o no, grazie a tutti per la pazienza! Ma se siete d’accordo fate anche voi, ove possibile, sentire la vostra voce.

L’UNI e il CTI sono enti pubblici, e devono pertanto agire nell’interesse dell’industria italiana.  

 

                                                                                                                                                                   Fernando Lidonnici